in più di una circostanza Le abbiamo scritto come sarebbe stata auspicabile tenere lontana la giustizia dalla contesa politica ora, a maggior ragione, sarebbe doveroso riflettere sul carcere senza fraintendimenti, sul lavoro della Polizia penitenziaria senza ragion di parte. Le devastazioni degli ultimi due giorni, i ripetuti assalti dei detenuti alle infermerie dei penitenziari ed i morti per overdose (gli ultimi tre a Rieti, stamattina) testimoniano come le carceri sono ora delle terre di frontiera, dei bastioni facilmente espugnabili, dove regna l’illegalità diffusa perché non Le sarà sfuggito il particolare della distruzione dei reparti detentivi e, in particolar modo, l’appiccamento dell’incendio nell’archivio dell’Ufficio Matricola del penitenziario sotto assedio con l’immancabile ripresa con il telefono cellulare!
Nel silenzio generale del Ministro Bonafede e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Basentini, nonostante la percentuale di affollamento penitenziario si sia attestata al 128%, abbiamo tentato di far emergere il clima di paura e di tensione alimentato all’esterno che si è specchiato in una chiusura del sistema penitenziario e in una conflittualità sempre maggiore all’interno delle carceri. Dopo le parole di ieri sera del Guardasigilli, in quei quattro minuti di video postati sul social network, abbiamo toccato con mano l’inadeguatezza del ministro a governare l’emergenza, avendo la netta percezione dell’incapacità di arginare la devastazione perpetrata con ferocia criminale ed eversiva da parte dei detenuti non solo per la mancanza di preparazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. Non avevamo bisogno, da appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria, dell’ennesima paternale: che le condizioni di vita all’interno delle celle fossero divenute insostenibili, a causa anche della massificazione dei soggetti ad alto profilo psichiatrico nei contesti detentivi comuni, è noto non solo a Via Arenula! Per mesi abbiamo chiesto al ministro Bonafede una disciplina omogenea che potesse arginare il fenomeno delle aggressioni perpetrate nei confronti del personale di Polizia Penitenziaria, con una espressa previsione normativa che integrasse i contenuti dei due Decreti Sicurezza vigenti, con la puntuale elevazione di sanzioni disciplinari nei confronti dei detenuti nel caso di comportamenti illeciti e non consentiti dal Regolamento. “Se il processo di riqualificazione del sistema carcerario deve ripartire dalla considerazione del detenuto nella sua dimensione umana fermo restando il principio cardine della certezza della pena – (cit. Alfonso Bonafede)” il crescente numero di aggressioni subite dal personale di Polizia penitenziaria sono un preoccupante indicatore dello stato di funzionamento delle carceri del Paese (oltre 1000 nel solo anno 2019). Far credere che la rivolta all’interno delle carceri italiane sia dipesa dal blocco dei colloqui tra i detenuti ed i familiari nonché con gli avvocati è una falsa ricostruzione. Se al comma u) dell’articolo 2 del DPCM da Lei sottoscritto è stato espressamente indicato di valutare “la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare” è di tutta evidenza come il dicastero di Via Arenula abbia dovuto necessariamente e preventivamente interagire con la magistratura di sorveglianza e gli uffici di esecuzione penale esterna altrimenti la previsione di un simile provvedimento deflattivo è stato un clamoroso errore di sottovalutazione della rilevanza e della portata del clamore. Semplicistico, allora, limitarsi a condannare le violenze con oltre trenta carceri devastate, con decine di agenti della Polizia penitenziaria rimasti contusi o feriti, con fuggiaschi evasi in massa dalla Casa Circondariale di Foggia ancora latitanti. Il sovraffollamento non aiuta il virus se le condizioni detentive sono, seppur momentaneamente, contingentate rispetto all’attuale e comune sistema di “celle aperte”. L’urgenza non è svuotare le celle benché, ora, coram populo dalle Camera penali ad una certa parte del mondo della politica siano in diversi ad invocare un provvedimento di clemenza generalizzata per ridurre il numero detenuti e l’ampliamento della detenzione domiciliare. L’aver dovuto costituire una task force per un “costante contatto” tra le diverse anime del mondo della giustizia “al fine di monitorare la situazione data l’emergenza Coronavirus” è l’ennesima iniziativa tardiva e di dubbia efficacia. Come abbiamo già avuto modo di affermare, quello di cui il Paese ha bisogno non è una task force costituita da coloro che da tempo gestiscono (con risultati che sono sotto gli occhi di tutti) il sistema penitenziario, ma di un commissario straordinario per l’emergenza. Suggerimento che qui accoratamente si ribadisce! Attendiamo che il ministro Bonafede riferisca domani al Senato. Resta il profondo senso di amarezza per la distanza siderale che oramai si è scavata tra il ministro ed il Si.N.A.P.Pe, per una inconciliabilità evidente. Resta la preoccupazione di un’emergenza non percepita nella sua reale portata come conferma la circostanza del varo del DPCM del 9 marzo mentre erano in corso pesanti devastazioni nei penitenziari italiani che, ciò nonostante, non volge minimamente lo sguardo questione penitenziaria. Certi della rilevanza che codesto Presidente vorrà accordare al presente contributo, si rinnovano distinti saluti.
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Emergenza Carceri – commissariamento gestione carceri – atto secondo
Sig. Presidente del Consiglio,
in più di una circostanza Le abbiamo scritto come sarebbe stata auspicabile tenere lontana la giustizia dalla contesa politica ora, a maggior ragione, sarebbe doveroso riflettere sul carcere senza fraintendimenti, sul lavoro della Polizia penitenziaria senza ragion di parte. Le devastazioni degli ultimi due giorni, i ripetuti assalti dei detenuti alle infermerie dei penitenziari ed i morti per overdose (gli ultimi tre a Rieti, stamattina) testimoniano come le carceri sono ora delle terre di frontiera, dei bastioni facilmente espugnabili, dove regna l’illegalità diffusa perché non Le sarà sfuggito il particolare della distruzione dei reparti detentivi e, in particolar modo, l’appiccamento dell’incendio nell’archivio dell’Ufficio Matricola del penitenziario sotto assedio con l’immancabile ripresa con il telefono cellulare!
Nel silenzio generale del Ministro Bonafede e del Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Basentini, nonostante la percentuale di affollamento penitenziario si sia attestata al 128%, abbiamo tentato di far emergere il clima di paura e di tensione alimentato all’esterno che si è specchiato in una chiusura del sistema penitenziario e in una conflittualità sempre maggiore all’interno delle carceri.
Dopo le parole di ieri sera del Guardasigilli, in quei quattro minuti di video postati sul social network, abbiamo toccato con mano l’inadeguatezza del ministro a governare l’emergenza, avendo la netta percezione dell’incapacità di arginare la devastazione perpetrata con ferocia criminale ed eversiva da parte dei detenuti non solo per la mancanza di preparazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.
Non avevamo bisogno, da appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria, dell’ennesima paternale: che le condizioni di vita all’interno delle celle fossero divenute insostenibili, a causa anche della massificazione dei soggetti ad alto profilo psichiatrico nei contesti detentivi comuni, è noto non solo a Via Arenula!
Per mesi abbiamo chiesto al ministro Bonafede una disciplina omogenea che potesse arginare il fenomeno delle aggressioni perpetrate nei confronti del personale di Polizia Penitenziaria, con una espressa previsione normativa che integrasse i contenuti dei due Decreti Sicurezza vigenti, con la puntuale elevazione di sanzioni disciplinari nei confronti dei detenuti nel caso di comportamenti illeciti e non consentiti dal Regolamento.
“Se il processo di riqualificazione del sistema carcerario deve ripartire dalla considerazione del detenuto nella sua dimensione umana fermo restando il principio cardine della certezza della pena – (cit. Alfonso Bonafede)” il crescente numero di aggressioni subite dal personale di Polizia penitenziaria sono un preoccupante indicatore dello stato di funzionamento delle carceri del Paese (oltre 1000 nel solo anno 2019).
Far credere che la rivolta all’interno delle carceri italiane sia dipesa dal blocco dei colloqui tra i detenuti ed i familiari nonché con gli avvocati è una falsa ricostruzione.
Se al comma u) dell’articolo 2 del DPCM da Lei sottoscritto è stato espressamente indicato di valutare “la possibilità di misure alternative di detenzione domiciliare” è di tutta evidenza come il dicastero di Via Arenula abbia dovuto necessariamente e preventivamente interagire con la magistratura di sorveglianza e gli uffici di esecuzione penale esterna altrimenti la previsione di un simile provvedimento deflattivo è stato un clamoroso errore di sottovalutazione della rilevanza e della portata del clamore.
Semplicistico, allora, limitarsi a condannare le violenze con oltre trenta carceri devastate, con decine di agenti della Polizia penitenziaria rimasti contusi o feriti, con fuggiaschi evasi in massa dalla Casa Circondariale di Foggia ancora latitanti. Il sovraffollamento non aiuta il virus se le condizioni detentive sono, seppur momentaneamente, contingentate rispetto all’attuale e comune sistema di “celle aperte”. L’urgenza non è svuotare le celle benché, ora, coram populo dalle Camera penali ad una certa parte del mondo della politica siano in diversi ad invocare un provvedimento di clemenza generalizzata per ridurre il numero detenuti e l’ampliamento della detenzione domiciliare. L’aver dovuto costituire una task force per un “costante contatto” tra le diverse anime del mondo della giustizia “al fine di monitorare la situazione data l’emergenza Coronavirus” è l’ennesima iniziativa tardiva e di dubbia efficacia. Come abbiamo già avuto modo di affermare, quello di cui il Paese ha bisogno non è una task force costituita da coloro che da tempo gestiscono
(con risultati che sono sotto gli occhi di tutti) il sistema penitenziario, ma di un commissario straordinario per l’emergenza. Suggerimento che qui accoratamente si ribadisce!
Attendiamo che il ministro Bonafede riferisca domani al Senato.
Resta il profondo senso di amarezza per la distanza siderale che oramai si è scavata tra il ministro ed il Si.N.A.P.Pe, per una inconciliabilità evidente.
Resta la preoccupazione di un’emergenza non percepita nella sua reale portata come conferma la circostanza del varo del DPCM del 9 marzo mentre erano in corso pesanti devastazioni nei penitenziari italiani che, ciò nonostante, non volge minimamente lo sguardo questione penitenziaria.
Certi della rilevanza che codesto Presidente vorrà accordare al presente contributo, si rinnovano distinti saluti.
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