COMUNICATO – DECRETO CURA ITALIA DETENZIONE DOMICILIARE PER CHI HA UN RESIDUO PENA FINO A 18 MESI! Si.N.A.P.Pe: ADESSO SERVE UN DECRETO “CURA CARCERE”!
In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Testo del Decreto “Cura Italia” prendiamo contezza dei suoi contenuti dalle ricostruzioni e sintesi effettuate dallo stesso Governo e dalla stampa. Molto ci si attendeva da questo “decretone” sul fronte giustizia, precipuamente sul fronte “carceri” proprio in ragione delle devastazioni che hanno interessato molti penitenziari italiani all’atto della notizia della crisi epidemiologica che sta affliggendo il Paese. Aspettative deluse e misure insufficienti è il primo, amaro commento del Si.N.A.P.Pe che definisce “una goccia nel mare” la previsione di ammettere alla detenzione domiciliare quei detenuti con un residuo pena fino a 18 mesi (se il residuo pena è superiore a 6 mesi si farà ricorso al braccialetto elettronico). Prima di passare a riflettere sul reale impatto di tale misura è doveroso sottolineare come essa non si applicherà ai protagonisti di reati gravi, ai delinquenti abituali e tutti quei detenuti che sono stati protagonisti delle devastazioni dei giorni scorsi! Esclusione più che doverosa! Ma quali saranno gli effetti di questo “indulto mascherato”, in vigore fino al 30 giugno? Ben poca cosa se si considera che la stima della platea dei destinatari dovrebbe ammontare a circa 3500 reclusi a fronte di una presenza che ad oggi supera le 61000 unità! Se l’idea era quella di deflazionare la presenza in carcere, la disposizione avrebbe avuto un senso almeno se fosse riuscita a livellare le presenze rispetto ai posti disponibili; ma così non è! Stando alle cifre snocciolate dal palazzo romano di Via Arenula, i posti disponibili nelle patrie galere sono poco meno di 51000 ma a questi vanno sottratti i 2000 posti oggi indisponibili a causa delle devastazioni dei giorni scorsi. È evidente come resta ancora in primo piano quella sproporzione fra capienza e presenza, quasi a certificare l’insufficienza (o addirittura inutilità) della previsione emergenziale. Non sarà certo attraverso il “Cura Italia” che si risolleveranno – nemmeno in parte – le condizioni lavorative e di vita all’interno dei penitenziari! Serve, a questo punto, un “Cura Carceri”! Da tempo immemore andiamo sostenendo, noi che c’eravamo all’epoca dell’indulto del 2006, che serve una politica di deflazionamento del carcere e di limitazione dello strumento della carcerazione. Una politica che si appropri di quella filosofia che veda nel carcere l’extrema ratio e non il “contenitore del disagio sociale” (dai tossicodipendenti, ai pazienti psichiatrici). Servono misure ragionate e non disposizioni figlie dell’emergenza. E se queste misure ragionate passano attraverso un potenziamento delle misure alternative, ben venga, ma a questo non può non corrispondere un piano di ispessimento dell’esecuzione penale esterna e un’assunzione straordinaria che consenta alla Polizia Penitenziaria di vigilare effettivamente sul loro svolgimento. Siamo consapevoli che non è questo il momento delle polemiche, ma non possiamo non tacere ancora una volta la nostra preoccupazione. Nonostante il “Cura Italia” il carcere continuerà ad essere l’anello debole, anche in fatto di diffusione epidemiologica.
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COMUNICATO – DECRETO CURA ITALIA DETENZIONE DOMICILIARE PER CHI HA UN RESIDUO PENA FINO A 18 MESI! Si.N.A.P.Pe: ADESSO SERVE UN DECRETO “CURA CARCERE”!
In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Testo del Decreto “Cura Italia” prendiamo contezza dei suoi contenuti dalle ricostruzioni e sintesi effettuate dallo stesso Governo e dalla stampa.
Molto ci si attendeva da questo “decretone” sul fronte giustizia, precipuamente sul fronte “carceri” proprio in ragione delle devastazioni che hanno interessato molti penitenziari italiani all’atto della notizia della crisi epidemiologica che sta affliggendo il Paese.
Aspettative deluse e misure insufficienti è il primo, amaro commento del Si.N.A.P.Pe che definisce “una goccia nel mare” la previsione di ammettere alla detenzione domiciliare quei detenuti con un residuo pena fino a 18 mesi (se il residuo pena è superiore a 6 mesi si farà ricorso al braccialetto elettronico).
Prima di passare a riflettere sul reale impatto di tale misura è doveroso sottolineare come essa non si applicherà ai protagonisti di reati gravi, ai delinquenti abituali e tutti quei detenuti che sono stati protagonisti delle devastazioni dei giorni scorsi! Esclusione più che doverosa!
Ma quali saranno gli effetti di questo “indulto mascherato”, in vigore fino al 30 giugno?
Ben poca cosa se si considera che la stima della platea dei destinatari dovrebbe ammontare a circa 3500 reclusi a fronte di una presenza che ad oggi supera le 61000 unità!
Se l’idea era quella di deflazionare la presenza in carcere, la disposizione avrebbe avuto un senso almeno se fosse riuscita a livellare le presenze rispetto ai posti disponibili; ma così non è!
Stando alle cifre snocciolate dal palazzo romano di Via Arenula, i posti disponibili nelle patrie galere sono poco meno di 51000 ma a questi vanno sottratti i 2000 posti oggi indisponibili a causa delle devastazioni dei giorni scorsi.
È evidente come resta ancora in primo piano quella sproporzione fra capienza e presenza, quasi a certificare l’insufficienza (o addirittura inutilità) della previsione emergenziale. Non sarà certo attraverso il “Cura Italia” che si risolleveranno – nemmeno in parte – le condizioni lavorative e di vita all’interno dei penitenziari!
Serve, a questo punto, un “Cura Carceri”!
Da tempo immemore andiamo sostenendo, noi che c’eravamo all’epoca dell’indulto del 2006, che serve una politica di deflazionamento del carcere e di limitazione dello strumento della carcerazione. Una politica che si appropri di quella filosofia che veda nel carcere l’extrema ratio e non il “contenitore del disagio sociale” (dai tossicodipendenti, ai pazienti psichiatrici).
Servono misure ragionate e non disposizioni figlie dell’emergenza. E se queste misure ragionate passano attraverso un potenziamento delle misure alternative, ben venga, ma a questo non può non corrispondere un piano di ispessimento dell’esecuzione penale esterna e un’assunzione straordinaria che consenta alla Polizia Penitenziaria di vigilare effettivamente sul loro svolgimento.
Siamo consapevoli che non è questo il momento delle polemiche, ma non possiamo non tacere ancora una volta la nostra preoccupazione.
Nonostante il “Cura Italia” il carcere continuerà ad essere l’anello debole, anche in fatto di diffusione epidemiologica.
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