Potrebbe essere questo il titolo di un film o di un romanzo… o addirittura il titolo di un capitolo di un importante tomo giuridico che innova in fatto di regole. I nostri studi ci hanno condotto a ritenere che:
I processi si svolgono nelle aule di tribunale.
La pubblica accusa è svolta da un magistrato con funzione inquirente che prende il nome di Pubblico Ministero.
La qualità di imputato si assume con il rinvio a giudizio.
Per l’esercizio delle funzioni in magistratura, oltre che la laurea in legge, è necessario il superamento di un concorso pubblico.
Queste e molte altre regole che in questa farsa chiamata “Iene” sinceramente facciamo fatica a veder rispettate. E un po’ come quando, giocando da ragazzini, ci inventavamo personaggi di fantasia e ad ognuno attribuivamo un ruolo; ecco che “i giornalisti” si reinventano prima di tutto “pubblica accusa”, vista l’asserita inefficienza di quella dello Stato di condurre le indagini. Poi, in barba alle regole che dettano la separazione delle funzioni in magistratura, fra l’organo d’accusa e quello giudicante, ecco che indossano anche la toga del giudice di merito e, martelletto alla mano, decretano le condanne! Il principio del contraddittorio, quello sul quale (per previsione costituzionale) deve fondarsi il processo, beh … ABROGATO! (E sì, perché i giornalisti delle Iene son anche novelli “costituzionalisti”). OK. Facciamo tabula rasa delle nozioni accademiche e “impariamo” la nuova giurisprudenza targata Mediaset. Ironia a parte, tornare a distanza di due anni, dopo che sono state condotte indagini e che sono intervenute sentenze di archiviazione dei procedimenti, su una questione di dubbia veridicità, appare un’inutile quanto infruttuosa perdita di tempo. Noi nostalgici delle regole dello Stato, servitori di quello stesso Stato, non possiamo che dare l’esatta rilevanza a quello che sta accadendo; questa la nostra chiave di lettura:
“quella di eri è stata l’ultima punta di questa stagione. Per la prima volta nella storia del programma, gli appuntamenti settimanali sono diventati due. E’ difficile, quando si ha molto poco da dire, riempire due ore e mezzo di programma ogni volta e mantenere alta l’attenzione del pubblico. Una scelta editoriale anche condivisibile quella di fare del sensazionalismo il proprio punto di forza. Questo è quello che sta accadendo. Questi “signori” non sanno più cosa dire! Quindi largo alla fantasia!”
Si… Siamo brutti e cattivi, siamo cerberi violenti, aguzzini: A SENTENZIARLO SONO LE IENE, I NUOVI TUTORI DELLO STATO DI
DIRITTO. Un accenno merita poi “la questione politica”: un parlamentare dello Stato Italiano che rivendica le proprie prerogative in forza dell’articolo 67 O.P. ma ignora l’articolo 117 comma 1 del Regolamento di Esecuzione, che ne fissa le modalità attuative, merita di diritto un ruolo di prima fila nel singolare “concetto di Giustizia” che si è su narrato. Fortunatamente, al di là della consueta macchina del fango addosso a chi è chiamato a fare un lavoro di indiscussa delicatezza e dal pregnante connotato umano, i processi si fanno nelle aule di giustizia e la polizia penitenziaria parmense e piacentina ne è uscita a testa alta.
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COMUNICATO – La giustizia al tempo delle IENE…….
Potrebbe essere questo il titolo di un film o di un romanzo… o addirittura il titolo di un capitolo di un importante tomo giuridico che innova in fatto di regole. I nostri studi ci hanno condotto a ritenere che:
I processi si svolgono nelle aule di tribunale.
La pubblica accusa è svolta da un magistrato con funzione inquirente che prende il nome di Pubblico Ministero.
La qualità di imputato si assume con il rinvio a giudizio.
Per l’esercizio delle funzioni in magistratura, oltre che la laurea in legge, è necessario il superamento di un concorso pubblico.
Queste e molte altre regole che in questa farsa chiamata “Iene” sinceramente facciamo fatica a veder rispettate. E un po’ come quando, giocando da ragazzini, ci inventavamo personaggi di fantasia e ad ognuno attribuivamo un ruolo; ecco che “i giornalisti” si reinventano prima di tutto “pubblica accusa”, vista l’asserita inefficienza di quella dello Stato di condurre le indagini. Poi, in barba alle regole che dettano la separazione delle funzioni in magistratura, fra l’organo d’accusa e quello giudicante, ecco che indossano anche la toga del giudice di merito e, martelletto alla mano, decretano le condanne! Il principio del contraddittorio, quello sul quale (per previsione costituzionale) deve fondarsi il processo, beh … ABROGATO! (E sì, perché i giornalisti delle Iene son anche novelli “costituzionalisti”). OK. Facciamo tabula rasa delle nozioni accademiche e “impariamo” la nuova giurisprudenza targata Mediaset. Ironia a parte, tornare a distanza di due anni, dopo che sono state condotte indagini e che sono intervenute sentenze di archiviazione dei procedimenti, su una questione di dubbia veridicità, appare un’inutile quanto infruttuosa perdita di tempo. Noi nostalgici delle regole dello Stato, servitori di quello stesso Stato, non possiamo che dare l’esatta rilevanza a quello che sta accadendo; questa la nostra chiave di lettura:
“quella di eri è stata l’ultima punta di questa stagione. Per la prima volta nella storia del programma, gli appuntamenti settimanali sono diventati due. E’ difficile, quando si ha molto poco da dire, riempire due ore e mezzo di programma ogni volta e mantenere alta l’attenzione del pubblico. Una scelta editoriale anche condivisibile quella di fare del sensazionalismo il proprio punto di forza. Questo è quello che sta accadendo. Questi “signori” non sanno più cosa dire! Quindi largo alla fantasia!”
Si… Siamo brutti e cattivi, siamo cerberi violenti, aguzzini: A SENTENZIARLO SONO LE IENE, I NUOVI TUTORI DELLO STATO DI
DIRITTO. Un accenno merita poi “la questione politica”: un parlamentare dello Stato Italiano che rivendica le proprie prerogative in forza dell’articolo 67 O.P. ma ignora l’articolo 117 comma 1 del Regolamento di Esecuzione, che ne fissa le modalità attuative, merita di diritto un ruolo di prima fila nel singolare “concetto di Giustizia” che si è su narrato. Fortunatamente, al di là della consueta macchina del fango addosso a chi è chiamato a fare un lavoro di indiscussa delicatezza e dal pregnante connotato umano, i processi si fanno nelle aule di giustizia e la polizia penitenziaria parmense e piacentina ne è uscita a testa alta.
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