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Emergenza carceri – situazione Santa Maria Capua Vetere – RICHIESTO URGENTISSIMO INCONTRO CON IL GUARDASIGILLI.

Giugno 15, 2020 Sinappe Comments Off

Sig. Ministro, illustri Autorità,

a distanza di 3 mesi dalle rivolte di marzo, il mondo carcere vive una nuova grave emergenza che scuote gli animi di chi vi opera.

Questa volta però, a sconvolgere l’opinione e le aspettative degli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, è l’epilogo della vicenda sammaritana che registra 57 indagati, un numero abnorme che pone irrimediabilmente sotto processo non solo i singoli agenti per via di eventuali comportamenti illeciti ma l’intero Corpo della Polizia Penitenziaria.

Come nei giorni delle devastazioni delle carceri, anche in queste ore abbiamo notato il silenzio romano di Via Arenula, una cautela per certi versi finanche sospetta: allora, poche parche parole nonostante l’opera di contenimento e di legittimo ripristino dell’ordine all’interno dei penitenziari del Paese per sedare l’ira violenta ed ingiustificata di delinquenti comuni.

Oggi, un silenzio che preoccupa per l’indifferenza.

Eppure nel carcere di Santa Maria Capua Vetere accadde molto altro: il 5 aprile u.s. oltre 150 detenuti occupano diversi reparti lanciando olio bollente verso il personale.

Dopo quattro ore il personale del Reparto riesce a circoscrivere la rivolta ed il giorno seguente esegue una perquisizione straordinaria durante la quale sono stati ritrovati e sequestrati diversi oggetti contundenti.

Per quelle operazioni di servizio, oggi, i colleghi sammaritani sono stati perquisiti e si vedono indagati per accuse infamanti e gravi.

Oggi Santa Maria Capua Vetere, ieri San Gimignano e Torino.

Nel mentre si attendevano i provvedimenti dovuti nei confronti di coloro che hanno messo a ferro e fuoco oltre 30 istituti penitenziari, causando 13 detenuti morti, numerosi feriti tra le fila della Polizia Penitenziaria e circa 40 milioni di euro di danni, abbiamo assistito con vergogna all’iscrizione nel registro degli indagati di 57 poliziotti.

I sentimenti di indignazione, sdegno e malumore che hanno invaso gli animi di tutti noi, sono stati ulteriormente acuiti dalla spettacolarizzazione delle modalità con cui è stata eseguita la notifica dinanzi al carcere di Santa Maria Capua Vetere lo scorso 11 giugno; una sorta di lapidazione pubblica, alla stregua di sguardi curiosi e pettegoli, in cui la vittima diventa carnefice ed il servitore dello Stato viene punito per aver posto in essere, al meglio delle proprie forze (senza mezzi adeguati) il proprio compito istituzionale a rischio della propria stessa vita!

Dov’è allora quella deontologia di cui lo Stato accuserebbe l’assenza nell’operato dei poliziotti? Dov’è la fiducia reciproca che dovrebbe costituire le fondamenta del rapporto tra Amministrazione e Polizia? Al momento non è dato sapere quali siano stati gli ordini impartiti per l’esecuzione dei provvedimenti de quibus ma è certo che da subito il Procuratore Generale della Repubblica di Napoli ha messo in campo iniziative di verifica dei fatti che, pare, abbiano violato la privacy del personale di Polizia Penitenziaria, calpestandone dignità ed orgoglio.

Si sa invece che molti dei partecipanti a quelle rivolte, che hanno segnato una pagina vergognosa per lo Stato ma una prova di grande professionalità e competenza per la Polizia Penitenziaria, capace di arginare una situazione che avrebbe potuto avere ben altri spiacevoli risvolti, hanno beneficiato della libertà concessa in virtù del “Cura Italia”.

Un’altra cosa che fa riflettere è che in un territorio in cui la criminalità organizzata ha un peso assai rilevante, non possono essere sottovalutati simili episodi che si sommano alle diverse azioni contro la Polizia Penitenziaria.

Non solo i fuochi pirotecnici o i festeggiamenti dei familiari dei detenuti fuori le mura del carcere, il caso de quo dovrebbe far riflettere l’Amministrazione Penitenziaria perché è innegabile come una simile rappresentazione non possa non essere vista ed interpretata come una azione contro la Polizia Penitenziaria.

Dinanzi alle immagini vergognose relative alle notifiche, divulgate attraverso i social media e divenute ormai di dominio pubblico, il Si.N.A.P.Pe e tutta la Polizia Penitenziaria, vive e rivive la profonda umiliazione che hanno dovuto subire i nostri colleghi per quella inammissibile procedura, mai verificatasi in precedenza per nessuna Forza dell’Ordine!

Viviamo un critico momento storico, in cui uno Stato garantista scarcera circa 500 criminali, di questi almeno 300 mafiosi che si sono macchiati di crimini indicibili, e di contro mette alla gogna pubblicamente chi ha indefessamente salvaguardato la sicurezza del Paese.

Come se ciò non bastasse, nella giornata seguente, all’interno dello stesso carcere di Santa Maria C.V., probabilmente incentivati dalla ripugnante azione di cui sopra, alcuni detenuti hanno dato fuoco al Reparto Danubio ed aggredito e ferito diversi poliziotti, avanzando poi assurde pretese all’Amministrazione, certi di avere ormai il controllo della situazione.

In un altro contesto e dopo l’umiliazione subita, chiunque avrebbe incrociato le braccia lasciando lo Stato nelle mani di insignificanti farabutti…ma gli uomini della Polizia Penitenziaria no.

Perché questi uomini e queste donne non indossano semplicemente una divisa; noi questa divisa ce l’abbiamo cucita sul petto, e il senso di appartenenza, l’abnegazione al dovere, lo spirito di Corpo è qualcosa che va oltre il turno e lo stipendio.

Quando un evento tragico colpisce un poliziotto, ha colpito unitamente tutti e 45.000 gli appartenenti alla Polizia Penitenziaria.

E’ pesante il bilancio registrato nel 2019, oltre 4000 aggressioni, raddoppiate dal 2010, dalla Sicilia al Triveneto; vedasi le aggressioni quotidiane negli istituti penitenziari fino al danneggiamento delle autovetture private all’interno del perimetro di alcune Case Circondariali (Lucera e Trapani) quali chiari ed inequivocabili atti intimidatori nei confronti degli agenti.

E’ palese quindi, alla luce del quadro fin qui delineato e considerando i dati relativi ai disordini ed alle violazioni avvenute nelle carceri italiane che, rispetto al 2010, in alcuni casi si sono centuplicati (rinvenimento telefonini da 10 a 1089, infrazioni disciplinari da 579 a 9358, violazione norme penali da 1029 a 5174, rinvenimento stupefacenti da 50 a 389), come la “questione carceraria” sia oramai la Sua vexata quaestio.

Il Si.N.A.P.Pe, nel proclamare lo stato di agitazione del personale di Polizia Penitenziaria aderente, auspica una subitanea convocazione da parte della S.V. affinché la centralità del ruolo del Corpo nell’ambito dell’universo giustizia sia ricalibrato, con un ragionamento senza fronzoli sull’attualità delle modalità custodiali e il reato di tortura.

Laddove non vi siano risposte certe e concrete, verrà proclamato l’interruzione delle relazioni sindacali e la conseguente indizione di una serie di manifestazioni di protesta ad ogni livello.

Dipende da Lei, Sig. Ministro, non vanificare il “nuovo corso” dell’Amministrazione Penitenziaria e non compromettere l’agenda prospettica del Sottosegretario con delega al DAP.